Il bellissimo borgo di Sperlonga e la villa dell’imperatore Tiberio
Roma è ricca di chiese, monumenti e costruzioni private che ancora raccontano la sua incredibile storia, e di sicuro nei dintorni della Capitale la villa dell'imperatore Tiberio a Sperlonga è una meta davvero allettante se volete visitare i luoghi storici della città eterna. La villa si affaccia sul mare e rappresenta uno squarcio della vita privata di Tiberio, molte furono le leggende e le voci che circolavano, sta di fatto che questo complesso architettonico rimane uno degli esempi più straordinari e utili per capire l'antichità e la vita dell'imperatore.
Tiberio è il riluttante imperatore che governò l'Impero romano dal 14 al 37 d.C. e fece costruire la sua residenza estiva a Sperlonga, a sud di Roma. Gli archeologi hanno trovato una serie di sculture nella grotta della villa che rivelano uno spiccato gusto per l'arte ellenica e le avventure dell'eroe omerico Ulisse.
Il bellissimo borgo di Sperlonga
Sperlonga si trova a poche decine di chilometri a sud di Roma, tra le città di Gaeta e Terracina. L'imperatore Tiberio scelse questo sito come sua residenza estiva: una splendida cornice naturale proprio sul mare. Segni di vita umana sono stati ritrovati e risalgono al Paleolitico superiore, secondo la tradizione questo è il sito dove è stata costruita Amyclae, la mitica città degli spartani.
Oggi gli unici resti visibili della villa imperiale sono alcune stanze che circondano un cortile, un forno per il pane e una fornace. Tiberio iniziò il suo regno come un capo piuttosto impopolare e acuto ed era molto rispettato, ma generalmente non piaceva per varie ragioni secondo lo storico romano Tacito, ossia la sua arroganza e l'imperscrutabile aspetto. Aveva la reputazione di essere un sovrano oscuro, solitario e cupo, che non aveva mai desiderato essere un imperatore.
La storia di Tiberio e della villa
Plinio il Vecchio lo chiamava tristissimus hominum, il più oscuro degli uomini. L'espressione fu adottata dall'imperatore Augusto, servì semplicemente a dare maggiore dignità e risonanza al suo regno, al quale seguì quello di Tiberio - che sicuramente sarebbe stato un disastro al confronto. Il regno di Tiberio fu caratterizzato da una certa diffidenza da parte sua, che si aspettava che il Senato gestisse l'impero senza che egli dovesse interferire continuamente. Voleva apparire come un servitore dello Stato e non come un imperatore. La sua riluttanza a partecipare alla vita politica ha portato solo alla confusione e alla cattiva comunicazione tra lui e il Senato.
Durante il suo regno, Tiberio abbandonò Roma (alcuni dicono per sottrarsi alle sue responsabilità imperiali) subito dopo aver perso i suoi due figli, Druso e Germanico; non tornò mai più, facendo la sua casa nella ormai famosa villa a Capri. È interessante notare come anche da giovane si fosse ritirato dalla vita pubblica andando a Rodi per vivere quasi da recluso, a prova del fatto che non ha mai amato la compagnia. La villa di Sperlonga apparteneva alla famiglia di Tiberio da diverse generazioni, a Marco Aufidio (o Alfidius) Lurcone, nonno di Livia, la madre dell'imperatore originario della vicina città di Fondi. Ci sono prove dirette riportate dall'antico storico romano Svetonio di un incidente quasi fatale nella grotta della villa, anche se l'autore sembra confondere Sperlonga con la vicina città di Terracina. In ogni caso, Tiberio riuscì a salvarsi.
La vita di Tiberio
C'è una storia interessante che racconta quando le rocce dalla cima della grotta (non il soffitto come suggerisce Suetonius) caddero sugli ospiti, e narra che Tiberio fu salvato da Seiano che coprì il corpo dell'Imperatore con il suo, mentre altri si limitarono a correre via pensando solo a salvare la propria pelle. Seiano fu ricompensato per la sua lealtà - alla fine divenne il capo della Guardia pretoriana e gli furono offerti molti onori e favori. Finì perfino per sognare di succedere all'Imperatore, che lo fece poi uccidere per la sua presunzione.
La seconda parte della vita di Tiberio, dopo aver abbandonato Roma, fu segnata da una degenerazione fisica e morale. Si diceva che non si fosse mai ripreso dalla morte di suo figlio Druso, che lo fece precipitare in una depressione. Fu sopraffatto da una grave malattia che provocò la comparsa di bolle antiestetiche e fetide sul suo corpo (alcuni dicono come il risultato di un veleno lento somministrato da Caligola) e a Capri, lontano da occhi indiscreti, cedette il passo alla degenerazione sessuale.
La villa di tiberio e la grotta di Sperlonga
Se volete dare un'occhiata alla residenza estiva e in particolare alla grotta adiacente, il vostro sarà un viaggio ricco di scoperte. Il nome Sperlonga deriva dal latino spelunca che significa grotta, e si riferisce alla grotta naturale situata a pochi metri dal mare. Lasciata sostanzialmente invariata dall'imperatore, la struttura della grotta è stata solo arricchita dall'aggiunta di panche lungo le pareti e maschere grottesche, che fungevano da portalampada per l'illuminazione. Una piscina circolare (diametro di 21,90 metri) fu scavata nel centro della grotta e presentava una scultura Scylla montata su una base quadrata al centro. Questa piscina è stata poi estesa di 30 metri verso il mare a nord-ovest, in una forma rettangolare, divisa da due piattaforme su cui sorgevano due statue: il furto del Palladio e il Pasquino (così chiamato come un'altra copia della statua greca originale che fu il modello per il famoso Pasquino vicino a Piazza Navona a Roma). L'intero schema iconografico della villa, e in particolare quello della grotta, è legato al mito di Ulisse. Sono davvero tanti i manufatti presenti all'interno, rappresentano eventi precedenti alla guerra fino alle avventure del viaggio di ritorno da Troia dell'eroe di Omero, Odisseo.
All'interno della grotta si ergeva il capolavoro scultoreo dell'epoca, il Polifemo, un'opera rinomata sia per la sua raffinatezza che per le sue dimensioni. Si trova attualmente al Museo archeologico di Sperlonga, dove può essere ammirata in tutto il suo splendore, grazie a una ricostruzione a grandezza naturale in gesso e resina.
La scena è quella del famoso accecamento di Ulisse ai danni di Polifemo. Il ciclope è raffigurato sdraiato su una roccia, ubriaco fradicio e completamente in balia dei suoi avversari, che comunque si muovono attorno a lui con circospezione. Odisseo, identificabile dal suo caratteristico pileo (cappuccio appuntito), guida l'attacco con concentrazione feroce. È lui che si arrampica verso la testa massiccia del ciclope per assicurarsi che il palo incandescente vada dritto nell'unico occhio del mostro.