Le serate romane tra stornelli, balli e cucina tipica

Il carattere dei romani e di Roma si può riassumere, spiegare e comprendere in espressioni tipiche di questa città, che affascina chiunque la visiti e lascia una voglia irrefrenabile di tornare. La "romanità" sono gli stornelli, i balli e la cucina tipica, tanto da aver avuto un'eco così grande da interessare ancora oggi buona parte del Lazio e delle regioni circostanti.
Non è raro che nei locali dell'area metropolitana capitolina si ritrovi questa eccellente combinazione, per trascorrere delle serate romane in musica, ballando e gustando i saporiti piatti della cucina tradizionale.

Gli stornelli romani
Gli stornelli romani si potrebbero paragonare alle storie cantate che raccontavano gli ambulanti per le strade durante il medioevo e che affascinavano i passanti di tutte le estrazioni sociali.
Si possono considerare una forma d'arte popolare in cui musica, versi e poesia si mescolano con astuzia, a creare racconti di vita vissuta.
La caratteristica principale è che solitamente sono improvvisati e quindi si rifanno alla fantasia e alla prontezza del cantore, ma alcuni sono rimasti nella tradizione musicale romana, da essere ancora oggi cantati con grande orgoglio dai neo melodici.

In mezzo ai nomi più noti non si può non ricordare Claudio Villa, che accanto ai pezzi tradizionali del bel canto affiancava quelli che esercitavano la stessa attrazione sul "popolo" dei "borgatari". Spesso negli stornelli delle serate romane viene citato il quartiere di Trastevere e i trasteverini, che da sempre portano alto l'orgoglio di essere romani. Diversi stornelli sono rimasti nella storia e ancora oggi vengono cantanti indistintamente da vari interpreti e tra questi: "Roma nun fa la stupida stasera", che cantava Nino Manfredi, oppure "Na Gita ai Castelli" di Lando Fiorini, interprete e portavoce della più classica tradizione canterina della capitale.
Un'altra grande interprete quanto mai intensa e drammatica fu Gabriella Ferri, che di molti pezzi ne ha fatto veri e propri cavalli di battaglia.
I temi degli stornelli erano più o meno sempre gli stessi, perché narravano di avventure amorose o scivolavano nel sarcasmo e nella tagliente ironia, punzecchiando il vicino o il personaggio in vista del tempo.

Lo stornello romano è quello cantato con genuinità e non potrebbe essere diversamente, perché rispecchia in tutto l'indole romanesca diretta, a tratti dissacrante e a volte burlona. La drammaticità degli stessi stornelli era affidata un tempo ai galeotti detenuti nel carcere di Regina Coeli, proprio a Trastevere, che solo così riuscivano a comunicare con l'esterno: la notizia così passava di vicolo in vicolo fino a raggiungere l'orecchio dei familiari e degli amici.
In genere, però, gli stornelli divertono, sono dei pezzi spensierati nei quali non si abbandona mai la fierezza romanesca. Alcuni tra i più famosi poeti, tra cui Giuseppe Giocchino Belli e Trilussa, hanno composto pezzi in dialetto che sono stati musicati e ancora oggi tengono banco nella tradizione popolare.
In alcuni locali è un appuntamento fisso, perché non si può gustare la cucina tipica senza la giusta atmosfera. Si trovano soprattutto nella zona dei Castelli Romani, ma anche nell'entroterra a ridosso del litorale.

I balli delle serate romane
L'identità di una città è anche nei balli tipici e a Roma quello più conosciuto è il saltarello. La musica di questo ballo, declinato anche al femminile come "salterella", è suonata con strumenti musicali "antichi", che vanno dalla fisarmonica al tamburello, dall'organetto alla chitarra battente.
Per eseguirlo dal vivo ci vuole una reale maestria, perché si tratta di un ritmo molto veloce, che coinvolge in un vortice di divertimento e richiede fiato e allenamento.
È certamente uno dei balli che dalla capitale si sono ampiamente diffusi in tutto il centro Italia. Un documento del British Museum di Londra attesta che questo ballo era in voga già dal XV secolo, quindi da diverse centinaia di anni.
Ancora oggi in molti centri, specie in Ciociaria, dove il ritmo tende a essere leggermente più lento, è portato avanti da gruppi amatoriali, che si occupano di perpetuare la tradizione romanesca anche da questo punto di vista.
I balli tradizionali delle serate romane sono un vero spasso per chi ama il genere della tarantella o della pizzica, perché in un certo senso sono molto simili.
La storia racconta che in origine era un ballo che nascondeva l'intenzione del corteggiamento e che permetteva di avvicinarsi alla donna quanto più possibile, per parlarle e mandarle messaggi romantici.

La cucina tipica romana
Il quadro della romanità è completo se si parla della cucina tipica romana, che allieta le tavole della capitale nelle serate da trascorrere in qualche locale caratteristico.
La tradizione vuole che si tratti di piatti poveri, cioè di origine contadina, preparati con prodotti derivanti dal lavoro della terra e che sanno gratificare il palato in modo estremamente convincente.
La pasta alla carbonara, con guanciale o pancetta, uova e pecorino romano è forse quello più conosciuto. Pare sia stata inventata dai carbonai (carbonari in dialetto romanesco), che in mancanza dell'olio usarono un salume facilmente reperibile e lo aromatizzarono con il pepe nero.
Non si può fare a meno di assaggiare anche la pasta cacio e pepe, che sarebbe la versione più "povera" della carbonara, in quanto era veloce, sostanziosa e utile ai pastori, che dovevano trascorre molte ore lontano da casa.


La pajata è un sugo a base di vitello o agnello per condire succosi rigatoni, serviti sempre con una spolverata di parmigiano.
Per quanto riguarda i secondi c'è davvero l'imbarazzo della scelta, a partire dalla coda alla vaccinara, che consiste nella cottura al sugo della parte più povera del bovino macellato: veniva letteralmente regalata a chi ne faceva richiesta e ha una cottura lunghissima e articolata, per rendere tenera una carne che altrimenti non lo sarebbe.
La trippa alla romana è un piatto da provare perché è uno dei pochi piccanti della cucina tradizionale, sempre al sugo di pomodoro e talvolta con l'aggiunta di patate cotte insieme. Il sapore delle costolette di abbacchio alla scottadito è inconfondibile e rappresenta uno dei secondi piatti più apprezzati della cucina capitolina e laziale. Le costolette vengono cotte alla brace, in particolare a Pasqua, fino a seccarle e vanno mangiate rigorosamente con le mani.

I carciofi alla giudia sono un piatto nato nel Medioevo e preso "in prestito" dalla cucina ebraica della gente che abitò nel ghetto di Roma fin dal '400.
Vengono cotti in abbondante olio bollente fino a rendere le foglie esterne molto croccanti e il cuore morbido. È una vera specialità.
Roma e la sua cucina non è lontana dal Parco della Gallinara Camping Village di Anzio, dove potete trascorrere delle vacanze all'insegna del buon cibo, ma anche dei balli e degli stornelli tipicamente romaneschi.

04/06/2018
Parco della GallinaraLa cucina romanaStornelli romani

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